Vladimir Jankélévitch: l’orrore è imprescrittibile

I pervertiti [del senso morale,ndr], quando parliamo loro di Auschwitz, ci oppongono le sofferenze dei tedeschi durante la guerra, la distruzione delle loro città, l’esodo delle loro popolazioni davanti al vittorioso esercito russo. A ciascuno i suoi martiri, giusto? La sola idea di mettere in parallelo, o sullo stesso piano, l’indicibile calvario dei deportati e la giusta punizione dei loro carnefici, questa idea è una perfidia calcolata, a meno che non sia una vera e propria perversione del senso morale.

La preoccupazione di Jankélévitch è quella di distinguere l’Olocausto dallo sfondo dei massacri mostrandone e analizzandone la specificità, diversa dalle catastrofi militari che non fanno distinzioni tra le vittime e individuata nel raffinato sadismo tedesco che si prefiggeva come scopo la “lunga” degradazione” e l’annientamento morale delle vittime prima della loro eliminazione, in un miscuglio infernale di ferocia e “pedanteria metafisica“:

La prescrizione, la prescrittibilità stessa dell’orrore non è dunque possibile. La Germania e l’Italia, come l’Europa intera, dovranno convivere con l’orrore, perché sopportarne il peso significa rendere alle vittime dello sterminio nazista l’ultimo, l’unico onore possibile. La ferita, la frattura nel tessuto etico è insanabile; che rimanga tale è l’unica risposta etica accettabile, centro gravitazionale attorno a cui ogni riflessione etica che tale sia realmente deve ruotare senza poter cessare di interrogarsi-e tormentarsi:

Il voto del Parlamento francese afferma giustamente un principio e, in un certo senso, un’impossibilità a priori: i crimini contro l’umanità sono imprescrittibili, cioè non possono essere prescritti; il tempo non ha presa su di loro. (…)È generalmente incomprensibile che il tempo, processo naturale senza valore normativo, possa esercitare un’azione mitigante sull’insopportabile orrore di Auschwitz.(…) Perché questa agonia durerà fino alla fine del mondo.

RISORSE E NOTE A MARGINE

5 comments

    1. Renza carissima, è una gioia ritrovare te…..purtroppo è stata l’unica opzione per poter continuare a scrivere e pubblicare (con tempi che restano, ahimé, più dilatati di quanto vorrei). Spero di ritrovare in maniera più concreta e convinta cuore e ispirazione. Un abbraccio e grazie per avermi “trovata”

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    1. Phoebes carissima, bentrovata a te e perdona il ritardo nella risposta. Jankelevitch è stato per me una scoperta: a parte essere una persona di straordinaria e battagliera vivacità, ha anche una profondità intellettuale straordinaria. Ti segnalo qui “Il non so che e il quasi niente”, originalissima rilettura sul tema del tempo di cui spererei, un giorno, di poter restituire l’essenziale, anche se si tratta di un’opera di straordinaria complessità. Un caro saluto e grazie di cuore per il tuo affetto ☺️💕

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