Serie TV

Il regno di Polemos. James Hillman e Il trono di spade 

La serie Il trono di spade (Game of Thrones), prodotta da HBO e ispirata alle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. Martin è stata definita l’epopea della nostra epoca. Un successo planetario, corale, unanime, un fenomeno di massa che si è rapidamente trasformato in un fenomeno culturale, nel senso che ha cambiato la nostra percezione, la nostra visione del mondo, tra un prima e un dopo. Eppure si tratta di una serie terribile e cruenta, in cui nulla viene risparmiato allo spettatore in termini di brutalità, crudeltà e sangue. Perché allora tanto successo? Senza alcuna pretesa di esaustività, condivido qui le riflessioni che questa serie mi ha suscitato. Questa serie, infatti, appare l’illustrazione perfetta di uno splendido saggio di James Hillman, Un terribile amore per la guerra, dedicato all’analisi di questo fenomeno come costituente ineludibile della nostra essenza umana. Per comprendere davvero la natura della guerra, sostiene Hillman, occorre rinunciare alla retorica (ipocrita) della pace, e avventurarsi nello “stato marziale” dell’anima accettandone il rischio e lo scandalo:

Se non spingiamo l’immaginazione dentro lo stato marziale dell’anima, non potremo comprenderne la forza di attrazione. In altre parole, occorre “andare alla guerra”, e questo libro vuole essere una chiamata alle armi per la nostra mente. (…)Dovremo accantonare il nostro disprezzo di civili e il nostro orrore di pacifisti, la legittima intima avversione per tutto ciò che riguarda eserciti e guerrieri. (…) Se la guerra è una componente primordiale dell’essere, allora la guerra genera la struttura stessa dell’esistenza e del nostro pensiero su di essa: le nostre idee di universo, di religione, di etica; il tipo di pensiero alla base della logica aristotelica degli opposti, delle antinomie kantiane, della selezione naturale di Darwin, della lotta di classe marxiana e perfino della freudiana rimozione dell’Es da parte dell’Io e del Super-io. Noi pensiamo secondo la categoria della guerra .(…)

Le quattro affermazioni con cui Hillman intitola le altrettante sezioni del libro appaiono scandalose appunto perché confliggono con la normale condanna etica della guerra che tutti necessariamente professiamo, e che è sancita, non in ultimo, anche dall‘art. 11 della nostra Costituzione; Hillman sostiene infatti, e vedremo in che senso, che la guerra sia "normale”, “inumana”,” sublime”, e che la religione stessa sia guerra. Il libro richiede uno sforzo per essere affrontato, la sconfitta di tutte le nostre naturali (?) resistenze e repulsioni contro il sangue, la violenza, la morte, la suprema alterazione della norma civile e politica che la guerra essenzialmente costituisce.

ALLERTA SPOILER– Poiché nel post saranno numerosi i riferimenti alle vicende e ai personaggi della serie,se non l’avete ancora vista ed avete intenzione di farlo, è forse il caso che per il momento vi asteniate dal proseguire la lettura; tenete inoltre conto del fatto che, per brevità e scorrevolezza, i riferimenti agli eventi della storia saranno effettuati sì in forma intelligibile per chiunque, ma sostanzialmente presupponendone la conoscenza, senza ulteriori link analitici di rimando che per il loro numero renderebbero il post illeggibile.

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Apollo in Baker Street. Mitografia di Sherlock Holmes/1

Prima che i miei esigui e pazienti lettori si facciano dal titolo l’idea che io abbia ormai oltrepassato il limite della sanità mentale, ci tengo a precisare immediatamente che l’idea di un Apollo in terra inglese sembra essere assai meno peregrina e stravagante di quanto si potrebbe inizialmente credere;non è ingiustificata infatti l’ipotesi che accoglie anche Apollo tra le  divinità del pantheon nordico, il cui culto, di origine indoeuropea (probabilmente scita), ha poi assunto le diverse declinazioni a noi note nella mitografia  relativa, come molti studi di antropologia sembrano suggerire (vedi RISORSE E NOTE A MARGINE). Sembra infatti che proprio la mitica terra di Avalon (da identificarsi con il regno di Iperborea, ) il nome inglese della mela ,apple, abbiano una radice comune che rimanda al nome del dio solare, e che proprio in Inghilterra siano presenti diversi culti e monumenti (primo fra tutti Stonhenge) correlati ad una divinità solare, già identificata da Cesare con Apollo . Anche noi, dunque, faremo riferimento al nome e al mito di Apollo addensando sulla sua figura attributi e tradizioni delle diverse divinità solari che variamente si sono succedute o intrecciate. Su cosa possa mai avere a che fare l’archetipo  apollineo  con il personaggio di Sherlock Holmes e su come  questo determini quasi di necessità l’amicizia del detective per il Doctor Watson,  lector, intende . 


Apollo si presenta meno alto di Ares e Saturno, ma comunque slanciato (tra il metro e settanta e il metro e ottanta nell’uomo). Si connota per l’atteggiamento noncurante, […] L’ovale del viso è definibile “a forma di oliva”, la fronte alta, larga e sporgente nella sua parte superiore, […]Naso vagamente aquilino, medio, ben fatto, […] Tiene la testa dritta ma senza rigidità[…]Apollo è sempre ben proporzionato. I suoi lineamenti nobili, calmi e riflessivi non sono né tristi né ridenti, piuttosto gravi e sereni. Ride raramente, ma sorride per benevolenza o per educazione. La voce è dolce e debole, pura e grave, lenta, armoniosa e penetrante. Lo sguardo è fisso senza essere tagliente. Dominatore e affascinante, sembra animato da una luce interiore che riflette pensieri lontani, generosi e disinteressati.

Di carattere Apollo è mobile, capriccioso, difficile, ironico, raffinato e beffardo. La sua sviluppatissima penetrazione psicologica gli rivela le imperfezioni altrui. Di un’affabilità che non si smentisce ma che tiene a distanza,[…] L’opinione che ha di se stesso gli importa molto più di quella degli altri; deve potersi ammirare e, a proprio vantaggio, Apollo è disposto a sacrificare tutto.[…] Sa formarsi una cerchia eletta attorno e frequenta solo gente di valore.[…][Apollo]è dotato di un’intelligenza superiore, omnicomprensiva, che spazia naturalmente e assaggia di tutto; coglie le cose a colpo d’occhio, come per intuizione.[…]

Questa descrizione accurata e approfondita degli attributi legati all’archetipo psicologico di Apollo,'[di cui potete leggere qui il testo integrale] dovrebbe a questo punto apparirci familiare, poiché riveste  un ruolo importante nella nostra mitologia occidentale contemporanea, sia pure, letteralmente, in un’altra veste; se infatti non è apparso immediatamente riconoscibile è soltanto perché, abbandonando l’abbagliante solarità della Grecia per il clima freddo ed umido di Londra, è stato costretto a  comprarsi un cappotto.
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La parte del vero poliziotto. Nic Pizzolatto e Roberto Bolaño

Bolano

Dopo House of Cards, ecco che  questo blog concede spazio ancora ad una serie TV colta, profonda e ricca di allusioni letterarie, sebbene da quella diversissima . La prima stagione di True Detective,  firmata dal giovane sceneggiatore e romanziere statunitense Nic Pizzolatto, si configura non solo come un capolavoro  del genere ma è anche intrisa di reminiscenze letterarie, da Faulkner a Lovecraft, a Robert W. Chambers, autore del romanzo breve The king in yellow, più volte esplicitamente citato nella serie.  Una profonda influenza, tuttavia, sembra essere esercitata anche dall’opera di Roberto  Bolaño, in particolare dal romanzo 2666,  e dal suo  seguito, I dispiaceri del vero poliziotto (evidentemente riecheggiato nel titolo della serie) in cui  la ricerca di un colpevole non è che mero esercizio intellettuale, del tutto irrilevante  a fronte dell’edificazione di un sistema del Male che appare inscalfibile.

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