Pensiero politico

Disumanar e organizzar: i tedeschi e lo sterminio.Elias Canetti e Hannah Arendt

Arendt2  Elias Canetti

 Se esiste una remota possibilità di comprendere le dinamiche poste in atto nell’ascesa del totalitarismo nazista e del suo corollario di orrori, non dovremo pretendere nulla di meno delle  relative analisi di Elias Canetti e Hannah Arendt. I due  autori,  per spiegare la mostruosa anomalia del coinvolgimento del popolo tedesco- e non solo dei corpi di polizia nazisti- nella segregazione e nello sterminio degli ebrei concordano comunque sull’importanza del fattore economico nell’ascesa del nazionalsocialismo e nel progressivo annullamento (o meglio, nella progressiva diluizione) dell’ individuo medio nella massa (concetto fondamentale alla base di Massa e potere  come de Le origini del totalitarismo).

Secondo Elias Canetti l’accanimento progressivo contro gli ebrei fino al loro totale misconoscimento come esseri umani e -conseguentemente-alla soluzione finale del problema non è altro che un rovesciamento del processo di umiliazione e schiacciamento subito dal popolo tedesco e direttamente connesso alla svalutazione del marco e dell’inflazione incontrollabile  negli anni della repubblica di Weimar,

Per Hannah Arendt  (Colpa organizzata e responsabilità universale, in Archivio Arendt I, 1930-1948; cfr sotto, in risorse e note a margine) la causa è da ricercare nell’intelligenza diabolica di Himmler, che seppe far leva sulle paure e sulle insicurezze del buon padre di famiglia ,ovvero del tedesco medio, per spingerlo a trasformarsi in ingranaggio della macchina sterminatrice in nome della sicurezza e della stabilità economica e sociale della propria famiglia . La Arendt insiste inoltre sulla sola condizione non scritta implicitamente richiesta da questi individui: la assoluta deresponsabilizzazione di quanto sarebbe accaduto grazie al perfetto ingranaggio gerarchico e burocratico. La responsabilità individuale  si diluisce completamente nella responsabilità universale; ed è per questo che, secondo la Arendt, gli esecutori  si sentono incolpevoli, come grottescamente dimostra l’intervista riportata all’inizio del testo citato più avanti.

Entrambi concludono dunque che quanto accaduto non è da imputare all’intrinseca malvagità del popolo tedesco, quanto piuttosto alle condizioni assolutamente eccezionali in cui venne a trovarsi la Germania dopo Versailles: una nazione umiliata e offesa, ridotta sul lastrico, ansiosa di rivalsa e di riscatto. Perfetto terreno di coltura per il nazismo e i suoi deliri ideologici.

Voglio comunque concludere, prima di lasciarvi alla lettura dei testi, che questo contributo non pretende certo di avere carattere definitivo  e che tutte le  spiegazioni  teoriche, pur  illuminanti e convincenti (in particolare, per quanto mi riguarda, l’analisi di Canetti), non riusciranno comunque a dare ragione dello scarto infinito esistente tra il dire e il fare e di come questo sia stato completamente, assolutamente e ripetutamente azzerato nel commettere quelle atrocità accuratamente pianificate a tavolino.

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