Il titolo qui proposto, preso ovviamente in prestito- a (s)proposito ma non troppo- dallo splendido album di Fabrizio De André, unisce due autori che non potrebbero essere più diversi e distanti (nello spazio prima ancora che nel tempo), ma che hanno conosciuto entrambi la dolorosa esperienza della declassazione e che hanno saputo fare di due impiegati piccoli piccoli il simbolo della protesta contro un sistema che schiaccia ogni cosa inesorabile, elevando all’altezza di una condizione tragica la loro – e la propria- miserabile esistenza.
Herman Melville
A ciascuno la sua balena. Achab e il Dottor House
Nel proporre questo accostamento, dichiaro subito che non è pensabile ridurre l’immensa profondità e densità simbolica del libro di Melville alle banalizzazioni e alle evidenti forzature semplicistiche di un medical drama, per quanto ottimamente realizzato. In realtà, anzi, sono convinta che la consonanza tra i due personaggi mostra quanto il mito di Achab sia così profondamente radicato nella coscienza, anzi nell’inconscio collettivo americano, tanto da trascendere forse la volontà degli stessi sceneggiatori.