Letteratura in lingua francese

Ceci tuera cela .Notre-Dame e Saint-Eustache

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La potenza plurisecolare delle grandi cattedrali parigine, simboli dell’eternità del potere religioso e regale, nei romanzi di Victor Hugo e di Émile Zola minaccia di essere schiacciata dal torchio di Gutenberg o sommersa dall’oceanico rigurgito di cibo di un immenso Gargantua di acciaio e vetro. (altro…)

Le colombe pugnalate. Millie Theale e Madame de Tourvel

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«Quando una donna mira al cuore di un’altra donna raramente manca il bersaglio»: è di certo questa la frase più celebre, nonché la perfetta sintesi de Les liaisons dangereux di Choderlos de Laclos, in cui la pura ed innocente Madame de Tourvel cade vittima del perfido capriccio della Marchesa de Merteuil e del Visconte di Valmont.  Il romanzo francese presenta, per la trama, la vicenda nonché per la stessa psicologia dei personaggi, diverse affinità con  un  capolavoro jamesiano,The Wings of the Dove ( Le ali della colomba).  in cui a cadere vittima della coppia nera degli amanti londinesi  Kate Croy e Merton Densher  è Millie Theale,  la bianca e radiosa colomba americana.

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La coscienza del Tempo , o Svevo e Proust: Un’insinuazione

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Da quando, nel 1925, Benjamin Cremieux ha scoperto e salutato l’autore de La coscienza di Zeno come le Proust italien, decretando peraltro l’indiscusso valore della sua opera fino a quel momento totalmente misconosciuta in patria,  il filone ufficiale della critica italiana e d’oltralpe, nelle autorevoli firme di Debenedetti, Langella e Carrai, si è sempre espresso in senso contrario ad un’influenza diretta dell’opera di Proust su Svevo,per ragioni essenzialmente stilistiche  e per la natura così profonda, eterogenea e divagante della Recherche rispetto alla secca essenzialità della Coscienza. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, Giuseppe Palmieri, che nel dettagliato e prezioso contributo Esperienza e scrittura: Svevo e Proust (accolto nel volume Non dimenticarsi di Proust, per il quale si rimanda alle Risorse e note a margine qui sotto) ripercorre la storia di questo accostamento, sempre mal tollerato dallo scrittore italiano, ricostruendo la cronologia delle letture proustiane di Svevo in base-tra l’altro-  allo scambio epistolare dell’autore triestino con lo stesso Larbaud, in cui egli dichiara di aver letto  la Recherche solo in seguito all’accostamento del suo nome al proprio, e che è per lui interessante potersi aggiornare sulla letteratura francese (il était puor moi aussi intéressant de me mettre à jour avec v. littérature),e alle testimonianze di Livia Veneziani Svevo( Vita di mio marito)secondo cui lo scrittore triestino si  sarebbe procurato quei volumi a seguito della domanda di M.me Crémieux se egli conoscesse  Proust al quale somigliava tanto.

Ma  fino a che punto si può considerare attendibile l’affermazione  di chi  ha fatto della menzogna e della mistificazione  di sé stesso la propria cifra letteraria?  Pur non avendo elementi tali da giustificare una filiazione diretta del romanzo di Svevo dall’opera di Proust, io non credo che esso sia nato in maniera del tutto indipendente da quella. Ciò che appunto voglio insinuare è che Svevo sia in qualche modo venuto a conoscenza di Proust lui-même e della sua opera, forse indirettamente, ma certo molto prima di quanto si è premurato di volerci- e forse volersi-insistentemente convincere.

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Una piccola ala di muro giallo: Proust, Vermeer, De Waal (e altri…)

In La Prigioniera, quinto volume della Recherche proustianail narratore Marcel ci racconta come abbia appreso dalla amata Albertine della morte dello scrittore Bergotte (personaggio d’invenzione che sintetizza i caratteri degli autori contemporanei più amati da Proust, John Ruskin e Anatole France, e che nei volumi precedenti aveva rivelato  la sua importanza per la formazione letteraria del Narratore ), che pure in condizioni di salute ormai disperate si reca ad una mostra per contemplare un dettaglio della Veduta di Delft di Johannes Vermeer:

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Johannes Vermeer, Veduta di Delft , olio su tela 1660

[…] poiché un critico aveva scritto che nella Veduta di Delft di Vermeer (prestata dal museo dell’Aja per una mostra di pittura olandese), quadro che egli adorava e pensava di conoscere a fondo, una piccola ala di muro giallo (che non si ricordava) era dipinta così bene da sembrare, se la si guardava isolatamente, una preziosa opera d’arte cinese, di una bellezza che sarebbe bastata a se stessa, Bergotte mangiò un po’ di patate, uscì ed entrò alla mostra. Sin dai primi gradini che ebbe da salire, fu preso da mancamenti. Passò davanti a molti quadri ed ebbe l’impressione dell’aridità e dell’inutilità di un’arte così artificiosa, e che non valeva le correnti d’aria e di sole di un palazzo di Venezia, o di una semplice casa in riva al mare. Infine si trovò davanti al Vermeer che si ricordava più splendente, più diverso da tutto quel che conosceva, ma dove, grazie all’articolo del critico, notò per la prima volta dei piccoli personaggi in blu, che la sabbia era rosa, e infine la preziosa materia della piccolissima ala di muro giallo. I suoi mancamenti aumentavano; egli fissava lo sguardo, come un bambino su una farfalla gialla che vuole catturare, sulla preziosa piccola ala di muro. «È così che avrei dovuto scrivere, diceva. I miei ultimi libri sono troppo scarni, sarebbe stato necessario passare parecchi strati di colore, rendere la frase in se stessa preziosa, come questa piccola ala di muro giallo.» Tuttavia la gravità dei suoi capogiri non gli sfuggiva. In una bilancia celeste gli appariva, su uno dei piatti, la sua stessa vita, mentre l’altro conteneva la piccola ala di muro dipinta così bene di giallo. Sentiva di aver dato incautamente la prima per la seconda.

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Veduta di Delft , particolare

Isolata dal contesto, la morte di Bergotte sembra quasi un’esemplare storia Zen (l’illuminazione nel momento estremo, il colpo che abbatte, l’armonia  del tutto riflessa in ogni infinitesima parte).La perfezione e l’autosufficienza di ogni dettaglio, il suo valore intrinseco che resta intatto anche se isolato dal contesto, è certamente il principio primo dell’arte orientale, principio che Edmund De Waal, famoso ceramista britannico, ritrova nella collezione di famiglia dei suoi netsuke, le piccole statuine d’avorio e legno che riproducono straordinariamente animali, frutta e mestieri di uomini:

 

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La lepre dagli occhi d’ambra (The Hare with Amber Eyes, edizione italiana Un’eredità d’avorio e ambra, Bollati Boringhieri 2011) è appunto la storia ricostruita del lungo viaggio della collezione nel tempo e nello spazio (dal Giappone e ritorno) attraverso la storia dei suoi proprietari, gli esponenti della ricchissima famiglia  ebraica degli Ephrussi, trasferitisi da Odessa a Parigi e divenuti ben presto protagonisti della vita sociale e artistica della città (soprattutto nella figura di Charles Ephrussi, che come l’autore sostiene sembra prestare molto di sé al personaggio di Charles Swann):

 

Cerco di fare mente locale sulle più immediate analogie tra il mio Charles [Ephrussi]  il Charles della Recherche. Dico «immediate», ma quando le metto nero su bianco mi accorgo che compongono un elenco ben nutrito. Entrambi sono ebrei. Entrambi hommes du monde. Le loro frequentazioni vanno dai reali (Charles accompagnava per Parigi la regina Vittoria, Swann è amico del principe di Galles) ai salotti, fino agli atelier degli artisti. Sono cultori delle arti, appassionati di pittura italiana, in particolare di Giotto e Botticelli. Sono entrambiimages (7) esperti di un argomento misterioso come i medaglioni alchemici di San Marco. Sono collezionisti, mecenati degli impressionisti, fuori luogo al sole di una festicciola sulla Senna organizzata da un amico pittore [il quadro a cui allude de Waal è  Le déjeuner des canotiers  di Renoir,in cui appare un personaggio in frac e cilindro di spalle , ndr].Entrambi scrivono monografie d’arte: Swann su Vermeer, il mio Charles su Dürer. Entrambi mettono «la propria erudizione in materia d’arte a disposizione delle dame della società per consigliarle nell’acquisto di quadri e nell’arredamento dei loro palazzi». Sono dandy e insieme cavalieri della Legion d’Onore. Attraversano il giapponismo per approdare infine al nuovo gusto per lo stile Impero. Ed entrambi sono dreyfusisti che scoprono come la propria vita, messa in scena con tanta cura, possa all’improvviso andare in pezzi soltanto per il fatto di essere ebrei.

E’ proprio Swann a far conoscere le opere di Bergotte al Narratore.  Swann, che, progetta da tempo di scrivere uno studio su  Vermeer, a lui vorrebbe attribuire una Diana al bagno  erroneamente creduta a firma di Nicolas Maes (attribuzione che in seguito la critica riconoscerà come corretta). In realtà era Proust stesso ad avere una grande passione per Vermeer, di cui si era innamorato durante un viaggio in Olanda nel 1902; e lo stesso Proust ebbe un violento malore quando rivide, nel 1921, la Veduta di Delft esposto al Musée de l’Orangerie. Del resto, sull’inattendibilità del narrato nell’opera proustiana lo stesso De Waal ci avverte:

Proust gioca sul filo tra realtà e invenzione. . Elstir, [altro personaggio della Recherche, l’analogo di Bergotte per la pittura, che sintetizza la personalità e le opere di Pissarro, Renoir, Degas, e Manet, ] a cui De Waal  alluderà più volte   nella sua opera per illustrare il legame strettissimo tra Charles e i suoi pittori,ndr] per esempio, il grande pittore che abbandona l’infatuazione per il japonisme e abbraccia lo stile impressionista, contiene in sé elementi di Whistler e Renoir, pur possedendo tutt’ altra forza dinamica. Analogamente, i personaggi di Proust interagiscono con dipinti reali. La dimensione visiva dell’opera è non solo disseminata di riferimenti a Giotto e Botticelli, a Dürer e Vermeer, a Moreau, Monet e Renoir, ma è anche – attraverso l’atto stesso di osservare le immagini pittoriche e recuperare dalla memoria il senso di quello sguardo – intrisa del ricordo della percezione, del ricordo di quel momento fugace.

Che è come dire, appunto,  intrisa di impressionismo. Ed ecco dunque che ritroveremo ancora nei capolavori  degli impressionisti maestri della luce imbevuti di cultura giapponese,  ma quanto cresciuta e trasformata, la piccola ala di muro giallo:

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Claude Monet, Cattedrale di Rouen (In pieno sole), 1894

E con la Casa gialla  di Van Gogh, olandese anche lui e cultore di Vermeer, imbevuto di impressionismo e di cultura giapponese, possiamo forse davvero dire che, come i netsuke  di De Waal, la piccola ala di muro giallo sia  in un certo senso tornata a casa.

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Vincent Van Gogh, Casa gialla , Arles 1988

Le relazioni pericolose. Georges Simenon e Josephine Hart

 

Il titolo di questo post può forse trarre in inganno:  non sono Simenon e la Hart ad avere avuto una liaison dangereuse , anche se sono certa che l’impunitissimo scrittore belga non avrebbe certo disdegnato ;-).Entrambi, però, si occupano di questo tema   in due notissimi romanzi.

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