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L’Estinzione del Tempo .Thomas Bernhard e Marcel Proust

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«Longtemps je me suis couché de bonne houre»….«Per molto tempo mi sono coricato presto, la sera».  Certamente uno degli incipit più noti ed indimenticabili della storia della letteratura, di quella miracolosa ricostruzione del tempo perduto che si concluderà soltanto sette volumi dopo, quando il Narratore, a cui il Tempo ha donato la chiave per dischiudere le sue porte impenetrabili, si proporrà di scrivere quel sublime romanzo che il lettore ha appena terminato di leggere. Singolare, dunque, vedere come il momento iniziale e quello finale del tempo implodano e quasi collassino su se stessi in Estinzione, l’ultimo e certamente il più ambizioso romanzo di Thomas Bernhard in cui il protagonista,Franz Joseph Murau,  dalla sua casa di Roma, dove insegna letteratura tedesca all’allievo Gambetti, suo interlocutore  nel romanzo, si propone di raccontare e descrivere la residenza di Wolfsegg, il castello di famiglia in Austria,e il destino e il carattere dei suoi abitanti, «a costo di farli sembrare mostruosi» come il Narratore proustiano, bruciandone così la parabola in un atto creativo che reca evidente l’intenzione dell’annullamento. (altro…)

La coscienza del Tempo , o Svevo e Proust: Un’insinuazione

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Da quando, nel 1925, Benjamin Cremieux ha scoperto e salutato l’autore de La coscienza di Zeno come le Proust italien, decretando peraltro l’indiscusso valore della sua opera fino a quel momento totalmente misconosciuta in patria,  il filone ufficiale della critica italiana e d’oltralpe, nelle autorevoli firme di Debenedetti, Langella e Carrai, si è sempre espresso in senso contrario ad un’influenza diretta dell’opera di Proust su Svevo,per ragioni essenzialmente stilistiche  e per la natura così profonda, eterogenea e divagante della Recherche rispetto alla secca essenzialità della Coscienza. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, Giuseppe Palmieri, che nel dettagliato e prezioso contributo Esperienza e scrittura: Svevo e Proust (accolto nel volume Non dimenticarsi di Proust, per il quale si rimanda alle Risorse e note a margine qui sotto) ripercorre la storia di questo accostamento, sempre mal tollerato dallo scrittore italiano, ricostruendo la cronologia delle letture proustiane di Svevo in base-tra l’altro-  allo scambio epistolare dell’autore triestino con lo stesso Larbaud, in cui egli dichiara di aver letto  la Recherche solo in seguito all’accostamento del suo nome al proprio, e che è per lui interessante potersi aggiornare sulla letteratura francese (il était puor moi aussi intéressant de me mettre à jour avec v. littérature),e alle testimonianze di Livia Veneziani Svevo( Vita di mio marito)secondo cui lo scrittore triestino si  sarebbe procurato quei volumi a seguito della domanda di M.me Crémieux se egli conoscesse  Proust al quale somigliava tanto.

Ma  fino a che punto si può considerare attendibile l’affermazione  di chi  ha fatto della menzogna e della mistificazione  di sé stesso la propria cifra letteraria?  Pur non avendo elementi tali da giustificare una filiazione diretta del romanzo di Svevo dall’opera di Proust, io non credo che esso sia nato in maniera del tutto indipendente da quella. Ciò che appunto voglio insinuare è che Svevo sia in qualche modo venuto a conoscenza di Proust lui-même e della sua opera, forse indirettamente, ma certo molto prima di quanto si è premurato di volerci- e forse volersi-insistentemente convincere.

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Dal Baltico al Tevere. La grande bellezza della musica di Arvo Pärt

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download (1)Pärt, Pärt…..questo nome l’ho già sentito, sicuro!, penso, quando mi ritrovo tra le mani il volume di Jan Brokken, Anime baltiche; e continuo a pensarlo anche quando finalmente arrivo all’ultimo dei dodici capitoli, dedicato al musicista estone . Ma dove?….Poi, l’illuminazione  improvvisa: Arvo Pärt è tra gli autori della colonna sonora de La grande bellezza, visto e amato così tanto, or volge l’anno (e ben prima che si aggiudicasse la famosa statuetta).  Avevo fatto una ricerca, in merito, perché è uno degli aspetti del film che mi ha colpita di più; e locandinacosì ho scoperto l’esistenza di una produzione alta di musica sacra nel XX secolo, che per la verità, come tante altre cose, ignoravo totalmente.

In realtà il nome, di  Arvo Pärt era quasi scivolato in secondo piano, rispetto ad altri brani che mi avevano colpita maggiormente;ma che comunque, scopro oggi, sono a firma di compositori che si inseriscono nella stesso ambito di ricerca musicale,  come  John Tavener e Henri Górecki, noto come minimalismo sacro: una musica in grado di evocare la spritualità più alta con la maggiore economia di mezzi (quasi sempre, semplicemente, una linea melodica accompagnata da una sola nota di basso, o la riproposizione del canto gregoriano.)

 Naturalmente, la scelta di questi autori per la colonna sonora del film di Sorrentino non poteva essere casuale- e non lo è, infatti, come vedremo;né può essere spiegazione sufficiente   il fatto che Pärt sia un autore particolarmente amato dai registi, con oltre cinquanta film che ne includono brani nella colonna sonora (dal novero di questi film La grande bellezza è ovviamente esclusa, dato che il libro di Brokken è stato pubblicato nel 2010, dunque anteriormente alla produzione e all’uscita del film). La loro musica costituisce infatti non soltanto un elegante e alto sottofondo, ma implica la ricerca di una lettura del film che vada oltre  la mera celebrazione della dolce vita a cui tanto spesso è stato ridotto.

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