Pirandello

Se una notte d’inverno un viaggiat(t)ore. San Silvestro con Thomas Bernhard

Thomas Bernhars

 

Se la notte di San Silvestro un attore,uno straordinario attore, (Bernhard?) Minetti, si presenta in un albergo di Ostenda,  attendendo un direttore di teatro per discutere l’allestimento di King Lear,  il ruolo nel quale l’attore ha iniziato la sua carriera, mentre fuori infuria una tempesta di neve,allora ecco uno dei testi più straordinari del Novecento.


 

La scena si apre appunto con l’interno dell’albergo in cui infuria la tempesta, in cui una cliente, avvenente e decisamente ubriaca, si lascia andare alla descrizione della sera di San Silvestro che l’attende: scolarsi da sola, in un unico sorso, una bottiglia di champagne- una bottiglia che segue molte altre- indossando la maschera di una scimmia. All’apparire di Minetti nella locanda, sarà chiaro  che la maschera è uno dei temi chiave dell’intera opera: nella valigia che reca con sé, infatti, Minetti porta la maschera di Re Lear disegnata da James Ensor; quando rievoca l’incontro con l’artista, una delle scene più famose della pièce, emerge la condanna di Bernhard verso la letteratura classica, che si rivela soltanto un’immensa zavorra che impedisce all’attore- e all’ artista- l’espressione autentica e disinibita del proprio essere, tremenda ma autentica:

«Il teatro è un’arte mostruosa», ho detto a Ensor; «mi faccia la maschera, mi faccia la maschera, mi faccia la la maschera per il mio debutto come Lear». Ma di Shakesperare non sapeva niente….Lui avrebbe voluto studiare il “Lear”, ma io vlcsnap-2015-12-30-19h28m30s758.pnggli ho detto «No, no, non studi il Lear! Dimentichi tutta la letteratura classica, tutta!»[…]Quell’uomo non aveva la benché minima idea di chi fosse Shakespeare, né la benché minima idea di chi fosse il Lear, né la benché minima idea di cosa fosse tutta la letteratura universale, però mi ha fatto la maschera più mostruosa che sia mai stata fatta. 

La dialettica tra arte e paura- la maschera è spaventosa perché noi temiamo ciò che non vediamo, l’allestimento di una commedia è sempre sostanzialmente equivalente ad una tragedia e viceversa- diviene anche dialettica tra lo scrittore e l’attore, che irrimediabilmente si distruggono a vicenda.

Noi temiamo ciò che non vediamo.L’attore, l’artista, il folle, il bancarottiere, il patito della scena,lo stupratore: lo stupratore dell’arte. L’attore si accosta allo scrittore, lo scrittore distrugge l’attore, come l’attore distrugge lo scrittore, lo cancella, capisce, lo cancella. Fare i conti, fare i conti, fare i conti! Quando noi facciamo i conti, li facciamo senza lo scrittore, come lo scrittore  fa i conti senza l’attore.[…]Noi sfociamo nella follia; la natura impazzisce e allora….allora….allora è arte.

L’arte, tuttavia, è un traguardo che non si raggiunge se non a carissimo prezzo: l’attore deve consumare sé stesso nel personaggio e allo stesso tempo restarne indipendente, evitare che questo lo travolga imponendogli la propria identità. Un paradosso tragico: l’attore che resta indipendente (come lo era del resto lo stesso Bernhard Minetti, uno degli autori preferiti di Bernhard, e naturalmente il primo interprete di questo testo teatrale, dove attore e personaggio non si sovrappongono meramente, ma piuttosto  vlcsnap-2015-12-30-19h44m15s285.pngcollidono) deve però evitare di cedere, di compromettersi con il gusto del pubblico; deve, cioè, provocare, scandalizzare, creare disgusto e dissenso (un’idea, questa, centrale anche nella poetica di Pasolini). Ma questo non avviene impunemente: di qui il processo intentato a Minetti, accusato di aver tradito il teatro, di averlo denigrato a causa del rifiuto categorico della cultura classica. Il processo determina dunque il ritiro dell’attore, divenuto nel frattempo direttore di teatro, dalle scene; e il rifiuto di mettere in scena altri testi della letteratura teatrale classica ha il paradossale effetto di inchiodarlo per sempre alla figura di Lear (come accade, sia pure per motivi tanto diversi,al protagonista dell’Enrico IV).

Il finale del dramma è prevedibile; Minetti tornerà per forza nella tempesta a cui appartiene ,una tempesta di follia ed arte che lo esclude per sempre dalla socialità delle persone comuni, simboleggiate dal carosello infernale  dei giovani che entrano ubriachi per festeggiare il Capodanno; e la donna che è stata pubblico e confidente della sua ultima interpretazione indosserà, questo San Silvestro, una maschera molto diversa.

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RISORSE E NOTE A MARGINE

-L’allestimento del dramma ha inaugurato questo Ottobre la stagione teatrale del Teatro Duse, a Genova. Qui notizie sull’allestimento del dramma e l’intervista ad Eros Pagni;

L’analisi dell’opera  a cura di Nevio Gàmbula;

-Sui possibili rapporti esistenti tra il teatro di Bernhard e quello di Pirandello non sono riuscita a trovare materiale critico; detti rapporti, però, mi sembrano evidenti, sia pure probabilmente mediati da altri testi. Rimando ad maiora per eventuali ulteriori approfondimenti- e sarò ben felice di qualsiasi contributo chiarificatore al riguardo;

-Qui sotto, la rappresentazione completa dell’opera nell’allestimento del 1987 a cura del Teatro Stabile di Bolzano, con Gianni Galavotti,Gabriella lai,Marina Pitta,Massimo Palazzini,Tommaso Onofri, per la regia di Marco Bernardi(!?! ). La traduzione del testo di Bernhard, a cura di Umberto Gandini, è quella da cui sono tratti i passi qui riportati.

 

-Ah,scusate, mi ero distratta:  l’augurio di un felice 2016 a tutti voi .Happy New Year.

La vendetta di scena. Enrico IV e i Pagliacci

Enrico IVvlcsnap-2015-08-23-22h27m01s245

Nei drammi  di Canio ed Enrico IV   la vendetta per gelosia si consuma in un’allucinata confusione tra realtà e finzione  scenica, e per atroce paradosso proprio il loro tentativo di strapparsi di dosso il personaggio a cui sono da troppo tempo inchiodati si fisserà loro addosso per sempre nella rovina.
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