Oggi, 27 gennaio 2024, si ricorderà forse la celebrazione del Giorno della Memoria più difficile da quando la suddetta doverosa celebrazione è stata istituita
Quest’anno però qualsiasi discorso sull’Olocausto collide inevitabilmente contro quanto sta attualmente accadendo nella striscia di Gaza ad opera dell’esercito israeliano, ancora una volta con il sostanziale silenzio- assenso dell’Occidente, e con l’atroce paradosso dell’incriminazione di Israele per genocidio presso il Tribunale dell’Aia, con respinta della richiesta di archiviazione ed inizio dell’indagine giudiziaria
Resta la domanda se un orrore possa cancellare il senso – e appunto la memoria di un altro. La risposta è ovvia.
La Shoah resta l’abisso della storia del Novecento europeo, che letteralmente inghiotte ogni altro evento che sia preceduto e seguito – anche un altro orrore come l’utilizzo dell’arma atomica su Hiroshima e Nagasaki (non europeo, a rigore, certo; ma comunque determinato e maturato nel contesto del più grave conflitto mai esistito nel cuore dell’Europa) E’ un orrore senza fine che mai dovremo dimenticare che “è stato”, secondo il terribile monito di Primo Levi.
Proprio in considerazione della Memoria dell’Olocausto le nostre coscienze sono turbate perché il massacro e l’espulsione dei civili palestinesi dalla striscia di Gaza ad opera dell’esercito israeliano interroga profondamente il nostro senso etico. Abbiamo colpevolmente taciuto in passato; di più, siamo stati prima complici, poi carnefici.Le leggi per la difesa della razza, come abbiamo già avuto modo di scrivere su questo blog, costituiscono l’apice della nostra vergogna storica; la straordinaria disinvoltura italica e la contronarrazione post – bellica che ci vedono italiani brava gente coinvolti a malincuore nell’atroce equivoco dei rastrellamenti e delle deportazioni è stata tanto fortunata quanto, anzi proprio perché, ignobilmente autoassolutoria (come dimostra, il saggio di Robert S. Gordon, Scolpitelo nei cuori; nel capitolo intitolato Zone grigie e bravi italiani,
Come è già stato più volte affermato, nella seconda metà del Novecento si mantiene, costante e irregolare, un doppio passo fra, da una parte, questi imprescindibili problemi storici nazionali e, dall’altra, il composito insieme di memorie e raffigurazioni culturali della storia e dell’esperienza dell’Olocausto. In certi momenti, questi due ambiti si intersecano, plasmandosi a vicenda.[…]Questi cliché si sono conquistati una diffusione particolarmente ampia a partire dagli anni Ottanta, ma hanno origini che risalgono sino agli anni Quaranta. Entrambi contengono in sé potenti e distorti stereotipi, miti, tropi narrativi e strumenti esplicativi per fare i conti con il passato collettivo; ed entrambi pongono una serie di difficili questioni concernenti sia l’Olocausto sia il fascismo, questioni di complicità, colpa, responsabilità individuali e collettive, nonché la scabrosa distinzione morale, politica e giuridica fra commissione e omissione nell’agire storico. (…). Il primo è il problema della «zona grigia»; il secondo, il mito degli «italiani brava gente».
Abbiamo taciuto e siamo stati complici ieri; rischiamo di esserlo anche oggi, se a chiara voce non denunciamo l’insostenibilità dell’eccidio dei palestinesi a Gaza come pure l’ignobile pretesto ideologico della strumentalizzazione di quello stesso eccidio per la giustificazione dell’antisemitismo – peraltro mai del tutto sopito, al pari delle nostalgie del fascismo, in Italia come in tutta Europa. E dunque, certi dell’insufficienza delle parole di fronte agli orrori di ieri e di oggi taciamo, e come appendiamo le nostre cetre ai salici delle sponde, come recita il Salmo 137 – terribile leggerlo oggi- perché il loro oscillare al vento possa farci ritrovare nel silenzio la pietàsenza fine per le vittimedella Shoah come pure il coraggio di ri-conoscere dolorosamente l’orrore quando questo si ripete.
-Conforta ritrovare in queste voci (delle quali una è la più alta carica dello Stato) la capacità di prendere posizione sine ira et studio, preoccupati di un’indagine problematica degli eventi incentrata sulla dimensione dell’umanità, e della sua offesa, piuttosto che offuscata da pregiudiziali ideologiche; il punto di partenza da cui dovrebbe idealmente partire qualsiasi confronto, pur nella eventuale (e sempre auspicabile) divergenza delle posizioni
Criticare pubblicamente le dichiarazioni politiche delle più alte cariche dello Stato appare sempre inopportuno e di dubbio gusto, dato che appare troppo facile colpire la combinazione fatale di eventuale errore umano e di sovraesposizione mediatica inevitabile . Ma talvolta, nonostante tutti gli inviti del buon senso all’estraneità si sente di non poter davvero tacere senza il rischio di diventare acquiescienti o conniventi – o peggio ancora, indifferenti nel senso gramsciano del termine. Di fronte alledichiarazioni del Presidente del Consiglioin relazione all’interpretazione storica di uno degli episodi più atroci di quella che era oramai già degenerata in una guerra civile è forse opportuno ripercorrere gli eventi che hanno condotto le forze di occupazione tedesche a compiere la fucilazione di trecentotrentacinqueuomini disarmati a vario titolo considerati nemici per motivi politici o razziali.
Roma, luglio 1943 In un’Italia oramai fuori controllo a seguito della caduta del Governo fascista e dell’arresto di Mussolini, nonché a seguito della fuga di Vittorio Emanuele III, il destino del Paese è affidato a Pietro Badoglio, Maresciallo d’Italia e capo di un governo militare nominato il 26 luglio 1943. Nel successivo 14 agosto, Roma è dichiarata città aperta; gli accordi del 10 settembre con le forze di occupazione tedesche, successivi di soli due giorni all’annuncio dell’armistizio di Cassibile, , prevedono la presenza delle truppe tedesche stanziate al di fuori della città. I tedeschi, tuttavia, non esitano a violare l’accordo e per ordine del feldmaresciallo Albert Keisserling la città viene di fatto occupata, con la proclamazione della soggezione al diritto di guerra tedesco per chiunque compisse azioni dirette contro i militari o comunque di resistenza, sciopero o sabotaggio. Viene inoltre organizzato in via Tasso un centro di detenzione e tortura dove vengono deportati molti- sospetti- antifascisti dalle SS agli ordini di Robert Kappler. Entro la fine di settembre Roma è annessa alla Repubblica Sociale Italiana; il successivo 16 ottobre Roma vive l’orrore del rastrellamento al Portico d’Ottavia, previa deposizione delle armi da parte di tutti i membri dell’Arma dei Carabinieri in servizio in città per ordine del generale Graziani, neoproclamato ministro repubblichino della Difesa nazionale. Le forze della neonata Resistenza romana, composta da una galassia di sigle e dunque organizzata in gruppi numericamente esigui e non sempre coordinati nell’azione, non riescono a coinvolgere la maggioranza della popolazione civile (pur protagonista di eroici eposodi di resistenza passiva) e non possono quindi che assistere impotenti alla tragedia.
L’azione più incisiva verrà svolta a Roma dai Gruppi di Azione Patriottica, organizzazione paramilitare facente capo al Partito Comunista Italiano . Dal 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, si susseguono assalti diretti e attentati contro le truppe occupanti tedesche; e contro i fascisti repubblichini, come quello in via Tomacelli il 10 marzo del 1944 contro il corteo fascista dei militanti di Onore e Combattimento che celebrava l’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini. Già i tedeschi avevano risposto agli attentati fucilando prigionieri anche fuori da Roma, azioni di cui veniva dato regolare comunicato con scopo di deterrenza da ulteriori azioni e di frattura del fronte resistenziale anche tra la popolazione civile. I GAP tuttavia non arretrano; illusi sull’imminente arrivo degli alleati in città a seguito dello sbarco di Anzio , progettano un attentato dinamitardo contro gli occupanti, scegliendo simbolicamente come data il 23 marzo, anniversario della creazione dei Fasci di Combattimento nel 1919. Bersaglio dell’attentato saranno, oltre (di nuovo) al corteo fascista in celebrazione , i tedeschi del regimento di polizia “Bozen”, composto pressoché esclusivamente di altoatesini e formatosi a seguito dell’occupazione tedesca e della creazione di una Zona di Operazione delle Prealpi. Il corteo, in marcia dal poligono di Tor di Quinto, sarebbe passato per il centro storico; il luogo dell’attentato viene individuato in via Rasella, dove oltre a far esplodere 18 kg tritolo misto a pezzi di ferro, precedentemente piazzato su un furgone della nettezza urbana, i Gappisti lanciarono anche diverse bombe a mano; i tedeschi risposero sparando contro le finestre delle abitazioni, convinti che le bombe fossero piovute dall’alto, e procedendo comunque all’arresto di oltre cento civili. Alla fine il bilancio sarà di trentatré morti e di oltre cinquanta feriti tra i militari tedeschi.
La reazione tedesca è ovviamente di sbigottimento feroce. Kurt Mälzer, generale della Luftwaffe e comandante delle forze tedesche di stanza in città, appena giunto sul luogo sbraita la propria volontà di evacuare il quartiere, radunare i civili e fucilarne cinquanta per ciascuna vittima tedesca. Sarà il colonnello Kappler a calmarlo e ad evitare, almeno, una strage indiscriminata, previa promessa di una rapida indagine sull’attentato. Il compito di avvisare l‘Oberkommando des Wermacht , il quartier generale di Hitler a Ratenburg, spetta Dieter Beelitz, capo uffcio delle operazioni di Kesserling, al momento non reperibile perché impegnato ad Anzio. La furia di Hitler è totale; secondo le testimonianze poi rese a processo dai responsabili della strage, avrebbe intimato una rappresaglia immediata, “tale da far tremare il mondo”, ordinando a sua volta di fucilare tra i trenta e i cinquanta italiani per ogni vittima. La decisione finale su come intervenire sarà alla fine assunta da Kesserling, rientrato in serata da Anzio, secondo cui la più appropriata misura di rappresaglia coincide con la proposta di Von Mackensen, generale della 14° armata tedesca ( le truppe d’assalto appunto impegnate ad ostacolare l’avanzata degli Alleati da Anzio verso Roma), di fucilare entro ventiquattr’oredieci italiani perciascun tedescomorto nell’attentato . L’ordine è ufficiale. Quanto alle modalità organizzative e selettive, per così dire, la scelta viene lasciata ai militari competenti. Si pensa immediatamente ai prigionieri già condannati a morte, ma sono troppo pochi, sei o sette, mentre bisogna raggiungere il numero di trecentoventi individui da destinare alla fucilazione , i Todeskandidaten) (il numero salirà poi a trecentotrentacinque a causa della sopraggiunta morte di un altro soldato tedesco, di cui Kappler sarà informato solo verso le 13 del giorno dell’eccidio) L’incarico sarà affidato al capitano Erich Priebke, luogotenente di Kappler, e al suo collega Karl Haas: la lista sarà completata svuotando il centro di detenzione di via Tasso e prelevando esponenti della Resistenza, dichiarati o presunti, fiancheggiatori o altri civili colpevoli di reati minori o comunque sospetti di sentimenti antifascisti. Non basterà ancora. La lista sarà dunque completata con il nome di settantacinque cittadini ebrei, già destinati alla deportazione (su suggerimento del comandante della Gestapo di Verona, Wilhelm Harster.
Le difficoltà logistiche, tuttavia, non sono poche: in un rimpallo di responsabilità, infatti, i vari corpi armati dell’esercito e le stesse SS si rifiutano di eseguire materialmente la strage, primi fra tutti gli stessi compagni di reggimento delle vittime, agli ordini del comandante Donek. E’ inoltre necessario, come “necessario atto simbolico”, che anche un certo numero di ufficiali tedeschi sia presente e partecipi all’esecuzione. Alla fine l’onere ricadrà sullo stesso Kappler, nel suo ruolo di comandante della Gestapo a Roma, che viene individiduato come corpo cui l’esecuzione spetta di competenza . Resta poi da individuare un luogo adeguato per l’esecuzione che consenta al tempo stesso l’occultamento dei cadaveri; a tale scopo vengono scelte le gallerie minerarie per l’estrazione della pozzolana, già antiche catacombe cristiane, sulla via verso Ardea, a quattro chilometri dalla capitale; radunati tutti i prigionieri, questi vengono condotti a gruppi di cinque nelle gallerie, viene loro richiesto il nome, vengono fatti inginocchiare e giustiziati con un colpo di pistola alla nuca. Alle undici di quella sera stessa, le forze d’occupazione tedesche dirameranno in città il comunicato secondo cui “dieci comunisti. badogliani ” sarebbero stati fucilati per ogni vittima dell’attentato del 23 marzo. E conclude sommariamente- è il caso dire- : “L’ordine è già stato eseguito“.
Il sito del Mausoleo delle Fosse Ardeatine , organizzato in diverse sezioni che oltre ad illustrare il luogo ripercorre gli eventi e soprattutto presentala galleria dei volti delle vittime . Anche se alcuni nomi sono ovviamente più noti di altri, noi non ce la sentiamo di effettuare una scelta e preferiamo affidarle tutte , comprese le nove che non sono potute essere identificate alla pietà e all’omaggio di chi legge. RIportiamo però qui di seguito, in memoria e per voto, l’elenco completo dei loro nomi e dei relativi capi di imputazione. Ci si accuserà forse di pedanteria, ma è fin troppo noto che in storia ogni imprecisione , o banalizzazione, o minimizzazione degli eventi accaduti rischi di trasformarsi, certo involontariamente, nell’anticamera del revisionismo.
Amoretti Ivanoe (Imperia, 12 novembre 1920) – Sottotenente del Regio Esercito in servizio permanente effettivo (partigiano) – Fronte militare clandestino di resistenza
Angelai Aldo (Roma, 26 dicembre 1917) – Macellaio – PSIUP.
Angeli Virgilio (Grossendaerdof, 20 dicembre 1899) – Pittore.
Avolio Carlo (Siracusa, 14 settembre 1895) – Impiegato S.A.I.B. – Partito Democratico del Lavoro (Unione Nazionale); Membro della Brigata Goffredo Mameli.
Bendicenti Donato (Rogliano, Cosenza, 18 ottobre 1907) – Avvocato – Partigiano combattente; PCI; Appartenente alla Banda patrioti del Trionfale diretta dal colonnello Vetere – Medaglia d’argento al valor militare.[66]
Campanile Silvio (Roma, 24 giugno 1905) – Commerciante – PSIUP.
Canacci Ilario (Roma, 12 febbraio 1927) – Secondo cameriere d’albergo – Bandiera Rossa – Arrestato il 29 febbraio 1944 – A 17 anni è tra le più giovani vittime dell’eccidio.
Celani Giuseppe (Roma, 28 agosto 1901) – Ispettore capo dei servizi annonari del governatorato di Roma – Partito Democratico del Lavoro (Unione Nazionale); Partigiano.[71]
Cerroni Oreste (Roma, 16 settembre 1874) – Tipografo – Partito d’Azione – Arrestato perché stampava con altri 3 compagni manifesti di propaganda contro i nazifascisti.
Checchi Egidio (Gallarate, Varese, 29 luglio 1892) – Meccanico – Arrestato come militante del PCI.
Chiesa Romualdo (Roma, 1º settembre 1922) – Studente di ingegneria – Partigiano combattente (Movimento dei Cattolici comunisti) – Accusato di traffico d’armi – Medaglia d’oro al valor militare.[72]
Chiricozzi Aldo Francesco (Civitavecchia, Roma, 12 settembre 1925) – Impiegato postelegrafonico – Arrestato il 21 febbraio 1944 con l’accusa di fornire sigarette ai partigiani della Banda d’Achille.
Ciavarella Francesco (Pistoia, 7 gennaio 1917) – Impiegato nella Marina Mercantile – Partito Comunista Italiano. Riconosciuto partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione nella banda abruzzese dedicata a suo nome.
Cibei Duilio (Roma, 8 gennaio 1929) – Falegname – Partito d’Azione – Arrestato il 7 febbraio 1944 con il fratello Gino con l’accusa di sabotaggio – A 15 anni è con Michele Di Veroli la vittima più giovane dell’eccidio.
Cibei Gino (Roma, 13 maggio 1924)- Meccanico – Partito d’Azione – Arrestato il 7 febbraio 1944 con il fratello Gino con l’accusa di sabotaggio.
Cinelli Francesco (Roma, 26 febbraio 1899) – Impiegato della società Romana Gas – Partito Comunista Italiano – Arrestato con il fratello Giuseppe il 22 marzo 1944.
Cinelli Giuseppe (Roma, 17 gennaio 1902) – Portatore ai mercati generali – PCI – Arrestato con il fratello Francesco il 22 marzo 1944 con l’accusa di sostenere il movimento partigiano.
Cocco Pasquale (Sedilo, Oristano, 5 gennaio 1920) – Studente.
Coen Saverio (Roma, 5 ottobre 1910) – Commerciante – Partigiano combattente – Collabora con i servizi segreti inglesi – Arrestato il 22 febbraio 1944 – Vittima della Shoah – Medaglia d’argento al valor militare.[73]
Conti Giorgio (Roma, 17 maggio 1902) – Ingegnere (CLN).
Costanzi Guido – Impiegato, Sottotenente contabile del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana (Fronte Militare Clandestino) – Medaglia d’argento al valor militare.
Cozzi Alberto (Roma, 23 marzo 1925) – Meccanico; partigiano combattente – Medaglia d’oro al valor militare.[74]
Di Consiglio Cesare (Roma, 7 novembre 1912) – Operaio – Arrestato il 21 marzo 1944 insieme ai suoi familiari per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Di Consiglio Franco (Roma, 21 marzo 1927) – Macellaio – Arrestato il 21 marzo 1944 insieme ai suoi familiari per motivi razziali – Vittima della Shoah – A 17 anni è tra le più giovani vittime dell’eccidio.
Di Consiglio Marco (Roma, 15 maggio 1924) – Macellaio – Arrestato il 21 marzo 1944 insieme ai suoi familiari per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Consiglio Mosè (Roma, 25 gennaio 1870) – Commerciante – Arrestato il 21 marzo 1944 insieme ai suoi familiari per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Consiglio Salomone (Roma, 20 febbraio 1899) – Venditore ambulante – Arrestato il 21 marzo 1944 insieme ai suoi familiari per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Consiglio Santoro (Roma, 23 settembre 1925) – Macellaio – Arrestato il 21 marzo 1944 insieme ai suoi familiari per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Nepi Alberto (Roma, 21 settembre 1879) – Commerciante – Arrestato il 15 febbraio 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Nepi Giorgio (Roma, 23 settembre 1919) – Viaggiatore di commercio – Arrestato il 22 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Nepi Samuele (Milano, 8 febbraio 1908) – Commerciante – Arrestato il 13 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Nola Ugo (Roma, 12 febbraio 1901) – Rappresentante di commercio – Arrestato il 20 febbraio 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah
Diociajuti Pier Domenico (Padova, 10 maggio 1879) – Commerciante – Partito d’Azione – Arrestato il 9 marzo 1944 con l’accusa di sabotaggio.
Di Peppe Otello (Chiesto, 31 maggio 1890) – Falegname ebanista – PCI – Conserva documenti, nasconde fuggiaschi, raccoglie viveri per le bande partigiane – Arrestato il 1º febbraio 1944.
Di Porto Angelo (Roma, 1º aprile 1918) – Commesso; venditore ambulante – Arrestato il 23 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Di Porto Giacomo (Roma, 15 dicembre 1895) – Venditore ambulante – Arrestato il 24 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Di Porto Giacomo (Roma, 10 aprile 1890) – Venditore ambulante – Arrestato il 24 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Di Salvo Gioacchino (Napoli, 3 febbraio 1914) – Impiegato – Democrazia del Lavoro – Arrestato il 2 marzo 1944.
Di Segni Armando (Roma, 27 giugno 1913) – Venditore ambulante – Arrestato il 24 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Di Segni Pacifico (Roma, 26 gennaio 1922) – Venditore ambulante – Arrestato il 23 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Di Veroli Attilio – Commerciante – Arrestato il 18 marzo 1944 con il padre per motivi razziali – Vittima della Shoah
Di Veroli Michele (Roma, 3 febbraio 1929) – Venditore ambulante – Arrestato il 18 marzo 1944 con il padre per motivi razziali – Vittima della Shoah – A 15 anni è con Duilio Cibei la vittima più giovane dell’eccidio.
Ercolani Giorgio (Roma, 1908) – Tenente colonnello di Stato Maggiore del Regio Esercito – Partito d’Azione – Arrestato il 22 gennaio 1944.
Ercoli Aldo (Roma, 7 maggio 1916) – Pittore – Partito d’Azione – Arrestato il 12 gennaio 1944.
Fabri Renato (Vetralla, Viterbo, 25 dicembre 1888) – Commerciante – Partito d’Azione; Capo Zona e sabotatore – Arrestato il 2 marzo 1944.
Fabrini Antonio (Zagarolo, Roma, 21 febbraio 1900) – Stagnino – Movimento Comunista Italiano; (CLN) – Arrestato il 13 marzo 1944 con l’accusa di aver fornito materiale per la fabbricazione di bombe.
Fano Giorgio (Roma, 4 agosto 1907) – Dottore in scienze commerciali – Arrestato il 15 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Fantacone Alberto (Roma, 25 settembre 1916) – Avvocato; Dottore in legge – Partito d’Azione; Fronte militare clandestino di resistenza – Brigata Goffredo Mameli (Banda Neri) – Arrestato il 28 gennaio 1944 – Medaglia d’argento al valor militare.[80]
Fantini Vittorio (Roma, 10 novembre 1918) – Farmacista – PCI – Arrestato il 16 marzo 1944 per aver dato ospitalità a prigionieri inglesi e americani.
Fatucci Sabato Amadio (Roma, 27 novembre 1877) – Venditore ambulante – Arrestato il 22 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Felicioli Mario (Roma, 20 ottobre 1901) – Elettrotecnico – PCI).
Finamonti Loreto (Nespolo (RI), 20 dicembre 1900) – Commerciante (CLN). Partigiano combattente caduto per la lotta di Liberazione. Riconosciuto nella banda abruzzese Turanense.
Giglio MaurizioCervo (Parigi, 20 dicembre 1920) – Tenente di P.S. dei “Metropolitani” di Roma (OSS) – Medaglia d’oro al valor militare. Al Ten. Maurizio Giglio è intitolata la caserma delle Volanti della Polizia di Stato a Roma, in via G. Reni.[88]
Marchesi Alberto (Roma, 22 settembre 1900) – Commerciante, ex ardito bersagliere; partigiano combattente (PCI) – Medaglia d’oro al valor militare.[101]
Moscati Emanuele (Roma, 17 dicembre 1914) – Venditore ambulante – Arrestato il 18 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah – Fratello di Marco Moscati.
Moscati Marco – (Roma, 1º luglio 1916) – Venditore ambulante – Partigiano; Partito Comunista Italiano – Arrestato il 18 febbraio 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah – Fratello di Emanuele Moscati.
Moscati Pace (Roma, 21 maggio 1899) – Venditore ambulante – Arrestato il 20 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah – Fratello di Vito Moscati.
Moscati Vito (Roma, 26 luglio 1900) – Elettricista – Arrestato il 25 febbraio 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah – Fratello di Pace Moscati.
Mosciatti Carlo (Matelica, Macerata, 26 novembre 1924) – Impiegato – Arrestato con il sospetto di aver deposto del materiale esplosivo sul tram dove viaggiava.
Napoleone Agostino (Cagliari, 14 settembre 1918) – Sottotenente di vascello della Regia Marina – Fronte Militare Clandestino – Medaglia d’argento al valor militare.[106]
Natili Celestino (Roma, 18 luglio 1920) – Commerciante – PSIUP – Si consegna il 21 marzo 1944 alla polizia nella speranza vana di salvare il padre, Mariano, già detenuto al suo posto.
Natili Mariano (Amatrice, Rieti, 18 maggio 1887) – Commerciante – Arrestato il 12 febbraio 1944 per costringere il figlio Celestino a costituirsi.
Perugia Angelo (Roma, 20 agosto 1906) – Venditore ambulante – Partito d’Azione – Svolge attività di propaganda, distribuendo giornali e volantini – Arrestato il 4 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah
Petocchi Amedeo.
Petrucci Paolo – Professore di lettere – Partigiano.[110]
Pettorini Ambrogio – Agricoltore (partigiano).
Piasco Renzo (Roma, 13 giugno 1925) – Ferroviere; Aiuto macchinista F.S. – Bandiera Rossa – Attivo nel Quartiere Monte Sacro – Arrestato il 3 febbraio 1944.
Piattelli Cesare (Roma, 7 aprile 1900) – Venditore ambulante – Arrestato il 24 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah
Piattelli Franco (Roma, 22 marzo 1924) – Commesso – Arrestato il 23 marzo 1944 assieme al padre Giacomo per motivi razziali – Vittima della Shoah
Piattelli Giacomo (Roma, 18 settembre 1897) – Piazzista – Arrestato il 23 marzo 1944 assieme al figlio Franco per motivi razziali – Vittima della Shoah
Pierantoni Luigi – (Verbania, 2 dicembre 1905) – Medico, Tenente del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana – Partito d’Azione; Partigiano.[111]
Zarfati Alessandro (Roma, 8 settembre 1915) – Commerciante – Arrestato il 17 marzo 1944 per motivi razziali – Vittima della Shoah.
Zicconi Raffaele (Sommatino, Caltanissetta, 13 agosto 1911) – Impiegato – Partito d’Azione – Consegnava materiale di propaganda, nascondeva armi e aiutava ebrei – Arrestato il 7 febbraio 1944, mentre preparava un atto di sabotaggio.
Zironi Augusto (20 giugno 1920) – Sottotenente di vascello della Regia Marina – Fronte Militare Clandestino – Arrestato il 19 marzo 1944 – Medaglia d’argento al valor militare.
Tuchman Heinz Eric, nato il 18/01/1911 (sacello n. 276), salma individuata nel 2020
30 Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31 Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». 32 Maria, dunque, quando giunse dov’era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33 Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: 34 «Dove l’avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». 38 Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. 39 Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». 40 Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». 41 Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43 E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
Questo il racconto della resurrezione di Lazzaro riportato nel Vangelo di Giovanni (11,1-53), soggetto iconografico tra i più noti e frequentati della tradizione artistica europea (da Giotto a Tintoretto, dai fiamminghi a Rembrandt); ma al cospetto della versione di Michelangelo Merisi da Caravaggio- che tutti avrete certo immediatamente riconosciuto- non si può fare a meno di avvertire, rispetto al testo evangelico, una inafferabile ma irriducibile dissonanza, che lo avvicina invece, insospettatamente, ad un altro testo di resurrezione, diverso e terribile.