Prosa e saggistica

Antifascismo: Disposizione XII e legge Scelba. Note a margine del 25 Aprile/3

costituzione-gazzetta   

Nellintervista rilasciata a Daniele Nalbone  e pubblicata sulle pagine di  MicroMega il 24 aprile 2021, – sul numero dedicato dalla rivista alla ricorrenza dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo,  Paolo Berizzi, giornalista e scrittore, invitato ad un’analisi sulla situazione politica italiana osserva amaramente, tra l’altro, come  « l’antifascismo non [sia] un tema nell’agenda del Paese» a nessun livello, dalla magistratura, al legislatore, alle forze politiche. Potrebbe, detta così, sembrare una buona notizia; delinea l’immagine di un Paese che abbia fatto definitivamente i conti con il periodo più drammatico e criminale della propria storia, e che abbia relegato qualsiasi ulteriore compromissione con il passato- e il presente- delle realtà politiche di estrema destra, e dei loro crimini passati e presenti, nella sfera dell’impensabile.


paolo_berizzi_Sembra una favola bella
; naturalmente tutti sappiamo che la realtà è ben diversa e che  Berizzi vive sotto scorta da tempo  per  le continue minacce  di morte ricevute dai gruppi neofascisti e neonazisti di cui  il giornalista  da anni indaga- e denuncia- le dinamiche di formazione, reclutamento e propaganda , senza misconoscere in questo le gravi responsabilità dell‘informazione che « ormai da anni, salvo poche eccezioni, si è unita al coro di chi ha fatto finta di niente, sottovalutato, minimizzato, banalizzato il problema del ritorno delle forze fasciste e del messaggio fascista in Italia».  Il che implica, dunque, che dall’orizzonte del dibattito mediatico e culturale sia scomparso anche l’orizzonte della Costituzione italiana, oggi sterilizzata dalla retorica  celebrativa  ma scritta da coloro che il fascismo storico lo avevano in tutti i modi combattuto e avversato e ispirata dalla ferma volontà di impedirne il ritorno sotto qualsiasi forma. Nella dodicesima delle  “Disposizioni transitorie e finali della Repubblica italiana”- come nessuno ignora, si ribadisce che 

È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.

La suddetta disposizione trovava il proprio perfezionamento giuridico con l’emanazione di un apposito provvedimento attuativo, la  legge  n.645 del 20 giugno 1952,  a firma dell’allora ministro dell’Interno  Mario Scelba, su incarico del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, consapevole dei rischi di destabilizzazione che correva la democrazia di nuovo conio e  della lacerazione profonda che ancora attraversava il Paese. Così l’articolo 1 della suddetta legge  riconduce alla riorganizzazione del partito fascista  tutti i casi in cui «una associazione o un movimento persegue finalita’ antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politico o propugnando la soppressione delle liberta’ garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attivita’ alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». 

Ancora più esplicito appare l’articolo 4, in cui viene dichiarata reato anche la semplice apologia di fascismo, vale a dire la pubblica manifestazione di esaltazione o consenso relativa ad «esponenti, principii, fatti o metodi del fascismo oppure  [al]le finalita’ antidemocratiche proprie del partito fascista», ritenendo come aggravante il fatto che tale esaltazione avvenga «col mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione o di propaganda».
La condanna importa la privazione dei diritti indicati nell’art.28, comma secondo, n. 1, del Codice penale per un periodo di cinque anni.

denicola_evidenza_2020In realtà, l’applicazione della suddetta legge si è sempre scontrata con accese polemiche, alimentate soprattutto dagli esponenti del Movimento Sociale Italiano, i cui esponenti venivano- evidentemente- spesso accusati del reato di apologia di fascismo. Si è addirittura giunti, e ripetutamente, ad invocare il principio di incostituzionalità,   indicando il  contrasto con l’art.21 comma 1 della Costituzione, che garantisce la libera manifestazione  di  pensiero e di parola. A dichiarare l’infondatezza della pretesa incostituzionalità della legge  sarà la sentenza n.1 del 16 gennaio 1957la prima emessa dalla Corte Costituzionale presieduta da Enrico De Nicola, già primo presidente della Repubblica, che in relazione ai processi di Torino, Roma e Perugia aperti proprio ai sensi della legge Scelba contro militanti che « salutavano romanamente»  dichiarerà che  «La riprova che l’apologia, in realtà, consista in una istigazione indiretta si desume dall’art. 414 del Codice penale (che non trovasi modificato nel progetto preliminare per la riforma del detto codice, redatto dall’ultima Commissione ministeriale), articolo il quale – sotto l’intestazione “Istigazione a delinquere” – nell’ultimo comma prevede precisamente l’apologia di uno o più delitti. Appunto per ciò la dottrina ha ritenuto che il reato di apologia costituisca una forma di istigazione indiretta». La stessa posizione sarà ribadita in un’ulteriore sentenza della Corte (la n.74  del  25 novembre 1958) , presieduta dall’ assai meno specchiato Gaetano Azzaritiantisemita della prima ora e già presidente della famigerata Commissione sulla razza,  in cui, al fine di rimuovere ogni possibile equivoco interpretativo, si legge :

Non crede questo Supremo Collegio che il criterio interpretativo di così ampia portata adottato dalla Corte costituzionale sia suscettibile di modificazioni e che esso non conservi la sua validità anche quando non trattasi di atti che integrino vera e propria apologia del fascismo ma si esauriscono in manifestazioni come il canto degli inni fascisti, poiché si ha ragione di ritenere anche che queste manifestazioni di carattere apologetico debbano essere sostenute, per ciò che concerne il rapporto di causalità fisica e psichica, dai due elementi della idoneità ed efficacia dei mezzi rispetto al pericolo della ricostituzione del partito fascista e che, quando questi requisiti sussistono, l’ipotesi di cui all’art. 5 legge citata è costituzionalmente legittima.

Il pronunciamento della Corte costituzionale sulla (cosiddetta) legge Scelba e sul carattere di reato penale della tentata ricostituzione del partito fascista come dell’apologia di fascismo appare dunque incontrovertibile; l’altezza dell’istituzione giuridica ne sacralizza il principio. Ovviamente- ed evidentemente- tutto questo non è bastato, nei settant’anni successivi, a sradicare il fascismo- ed il suo nostalgico e inconfessato rimpianto- dal  comune sentire, complice la perenne indifferenza, da parte del decisore politici, di quel  disagio sociale che con proporzioni e connotazioni diverse costituisce la grande ombra della nostra democrazia e che non ha forse mai ricevuto le risposte che avrebbe meritato, divenendo il terreno di coltura ideale per la sopravvivenza  e la proliferazione di gruppi di chiara ispirazione fascista,  Ma siccome non è previsto dal nostro ordinamento giuridico che i principi costituzionali possano essere invalidati dalla loro  mancata applicazione in nome di connivenze e ammiccamenti più o meno inconfessati, l’apologia di fascismo resta un reato penale fino a quando sarà in vigore la Costituzione repubblicana, dichiaratamente ispirata appunto, non lo dimentichiamo mai, ai – e dai-  princìpi dell’antifascimo.

Buon 25 Aprile a tutti.

 

NOTE A MARGINE

Il contributo di David Matoussa su Gli stati generali, che affronta il discorso sulla rimozione collettiva e sui ” conti sospesi” con il fascismo anche citando i libro dello storico Francesco Filippi, volti appunto ad indagare le ragioni del malcelato rimpianto di una parte (purtroppo considerevole) dell’opinione pubblica per il passato fascista (nella sua dimensione mitizzata). A chi giudichi inconcepibile l’assegnazione della presidenza della Corte costituzionale ad una figura come Azzariti , i libri di Filippi potranno dare un’esauriente sebbene indigesta risposta ;

-A chiunque voglia avere una percezione più esatta della gravità e della diffusione dell’ideologia fascista in Italia e delle strategie di coinvolgimento di giovani e giovanissimi, corre(rebbe) l’obbligo della lettura del volume di Berizzi, L’educazione di un fascista, che non sapremmo definire altrimenti se non dolorosamente illuminante . All’autore va, naturalmente, la nostra solidarietà più profonda, unita all’amarezza per il paradossale rovesciamento dei ruoli in cui è la vittima di attacchi e minacce ad essere privata della libertà :

Eppure, sono stato messo sotto scorta per le minacce nazifasciste. Fosse accaduto negli anni Settanta sarebbe stato fisiologico, ma nel 2021 è preoccupante. Ed è un paradosso: chi denuncia i fascisti finisce sotto scorta, mentre loro sono liberi.

LA PESTE ( 2.0). Pietro Verri e Alessandro Manzoni

Come è purtroppo noto a tutti, il nostro paese si sta trovando in queste ore- in poche ore- ad affrontare unemergenza sanitaria di inaudita contagiosità e virulenza; la sostanziale ubiquità e simultaneità del mondo globale ha fatto sì che anche in Italia il COVID- 19 (questo il nome scientifico del virus) sia arrivato e si stia diffondendo in tempi rapidissimi . Il Consiglio dei ministri ha nelle ore recenti predisposto un decreto con le misure cautelari necessarie ad impedire il più possibile il propagarsi del contagio, che già in (troppo) numerosi casi si è  rivelato letale ( e il fatto che le vittime avessero un’età avanzata o altre patologie preesistenti non diminuisce certo la tragicità del dato, quando ci si ricordi che di esseri umani si tratta, e non di numeri). Poiché, purtroppo, il primo focolaio è stato isolato in Lombardia (seguita praticamente subito  da Veneto, Piemonte  ed  Emilia Romagna),risulta inevitabile che il pensiero corra alle pagine di  Pietro Verri e di Manzoni dedicate alla pestilenza del 1630 che pure colpì Milano e si diffuse in Piemonte e nella Repubblica di Venezia,  non fosse altro che perché sono pagine che tutti abbiamo sfogliato sui banchi di scuola; il motivo del richiamo ai nostri autori, però, non vuole essere qui speculazione di cattivo gusto o contributo all’alimentazione della psicosi collettiva: il  coronavirus non è la peste e l’Italia del 2020  ha ben altri strumenti e protocolli di cura e prevenzione rispetto a quelli esistenti quattrocento anni fa. Senza quindi entrare nel merito di qualsivoglia giudizio medico-scientifico o politico, che evidentemente non ci compete, volevamo riflettere qui sullo sgretolamento di ogni patto sociale e sulle forme di panico di massa da cui questo tipo di emergenza  sembra essere invariabilmente accompagnato; con il dilagare, prima ancora che del virus, di ogni forma di abuso e di violenza rivolta ai presunti untori , la cui individuazione (arbitraria) è immancabile e, come mostrano le cronache, di molto precede la ratio della prevenzione e della cura.

(altro…)

Il regno di Polemos. James Hillman e Il trono di spade 

La serie Il trono di spade (Game of Thrones), prodotta da HBO e ispirata alle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. Martin è stata definita l’epopea della nostra epoca. Un successo planetario, corale, unanime, un fenomeno di massa che si è rapidamente trasformato in un fenomeno culturale, nel senso che ha cambiato la nostra percezione, la nostra visione del mondo, tra un prima e un dopo. Eppure si tratta di una serie terribile e cruenta, in cui nulla viene risparmiato allo spettatore in termini di brutalità, crudeltà e sangue. Perché allora tanto successo? Senza alcuna pretesa di esaustività, condivido qui le riflessioni che questa serie mi ha suscitato. Questa serie, infatti, appare l’illustrazione perfetta di uno splendido saggio di James Hillman, Un terribile amore per la guerra, dedicato all’analisi di questo fenomeno come costituente ineludibile della nostra essenza umana. Per comprendere davvero la natura della guerra, sostiene Hillman, occorre rinunciare alla retorica (ipocrita) della pace, e avventurarsi nello “stato marziale” dell’anima accettandone il rischio e lo scandalo:

Se non spingiamo l’immaginazione dentro lo stato marziale dell’anima, non potremo comprenderne la forza di attrazione. In altre parole, occorre “andare alla guerra”, e questo libro vuole essere una chiamata alle armi per la nostra mente. (…)Dovremo accantonare il nostro disprezzo di civili e il nostro orrore di pacifisti, la legittima intima avversione per tutto ciò che riguarda eserciti e guerrieri. (…) Se la guerra è una componente primordiale dell’essere, allora la guerra genera la struttura stessa dell’esistenza e del nostro pensiero su di essa: le nostre idee di universo, di religione, di etica; il tipo di pensiero alla base della logica aristotelica degli opposti, delle antinomie kantiane, della selezione naturale di Darwin, della lotta di classe marxiana e perfino della freudiana rimozione dell’Es da parte dell’Io e del Super-io. Noi pensiamo secondo la categoria della guerra .(…)

Le quattro affermazioni con cui Hillman intitola le altrettante sezioni del libro appaiono scandalose appunto perché confliggono con la normale condanna etica della guerra che tutti necessariamente professiamo, e che è sancita, non in ultimo, anche dall‘art. 11 della nostra Costituzione; Hillman sostiene infatti, e vedremo in che senso, che la guerra sia "normale”, “inumana”,” sublime”, e che la religione stessa sia guerra. Il libro richiede uno sforzo per essere affrontato, la sconfitta di tutte le nostre naturali (?) resistenze e repulsioni contro il sangue, la violenza, la morte, la suprema alterazione della norma civile e politica che la guerra essenzialmente costituisce.

ALLERTA SPOILER– Poiché nel post saranno numerosi i riferimenti alle vicende e ai personaggi della serie,se non l’avete ancora vista ed avete intenzione di farlo, è forse il caso che per il momento vi asteniate dal proseguire la lettura; tenete inoltre conto del fatto che, per brevità e scorrevolezza, i riferimenti agli eventi della storia saranno effettuati sì in forma intelligibile per chiunque, ma sostanzialmente presupponendone la conoscenza, senza ulteriori link analitici di rimando che per il loro numero renderebbero il post illeggibile.

(altro…)

Rubato prestissimo . L’alienazione del Tempo in Seneca e Hartmut Rosa

orologi_molli_1200

«La maggior parte dei mortali, Paolino, si lamenta della crudeltà della natura, perché veniamo al mondo per una vita breve, e perché questo lasso di tempo che ci è dato scorre via così rapido, così veloce»: è il famosissimo incipit del De brevitate vitae, il dialogo che Seneca dedica alla riflessione sul tempo dell’esistenza umana, e sopratutto su come qesto venga male impiegato, sprecato, gettato via; e siccome dopo circa duemila anni non abbiamo ancora smesso di restare passivi ed inermi di fronte alla sua fuga innumerabilis, potranno forse illuinarci le riflessioni sullaccelerazione sociale e la conseguente alienazione (del tempo /dal tempo) del sociologo tedesco Hartmut Rosa.

(altro…)

Gabbiani/2. …..Márai, Benjamin

 Il gabbiano come simbolo della sicurezza nel volare  incontro alla tempesta e gettarsi in picchiata  con istinto suicida ritorna nel  romanzo a cui Sándor Márai inizia a lavorare Maraidopo  Le braci, e che sarà pubblicato nel 1943, quando l’Ungheria è ormai pienamente travolta dalla furia della guerra. Il romanzo però è -con ogni evidenza- ambientato due anni prima, quando il Regno di Ungheria, alleato della Germania nazista, dopo aver invaso la Jugoslavia impadronendosi dei territori della  Bačka  e della Vojvodina (oggi  appartenenti alla Serbia) firma, il 27 giugno, la fatale dichiarazione di guerra contro l’Unione Sovietica, che avrà per il paese conseguenze incalcolabili: l’intera seconda armata dell’esercito ungherese, che si era peraltro astenuta dagli atroci crimini di guerra compiuti dalle truppe tedesche, sarà sterminata nel corso della battaglia di Stalingrado; il tentativo del governo ungherese di prendere contatti con le forze  alleate sarà intercettato dai tedeschi, che nel 1944 invaderanno il paese, deponendo  il reggente del Regno Miklós Horthy  e consegnando successivamente il potere nelle mani di Ferenc Szálasi, capo del partito filonazista delle Croci Frecciate, a cui seguiranno la persecuzione e la deportazione degli ebrei è poi, un anno dopo, la liberazione (i.e. l’occupazione) da parte delle truppe sovietiche. (altro…)

Gabbiani/1 . Svevo, Čechov……

gabbiani6.jpg

I gabbiani, i  signori del mare che vivono «balenando in burrasca», costituiscono un simbolo ricorrente nella letteratura e nella prosa europea del Novecento, come messaggeri della tempesta pronta ad abbattersi  sulle storie e sulla Storia, sul destino dei personaggi  come su quello dei loro autori. (altro…)

Omnia vicit Amor. George Orwell e Czesław Miłosz

orwellmilosz

.Il titolo di questo post, lo dichiaro subito,  è volutamente ingannevole- e il sospetto vi sarà venuto, dato che  questi due immensi autori non sono certo noti per la loro inclinazione al sentimentalismo. Pure,nelle loro opere  entrambi d’amore parlano, e profusamente; quella con il Potere totalitario, soprattutto di matrice sovietica,  è una storia d’amore che nasce dall’odio o che nell’odio si riconverte, e che ci viene raccontata qui in due  tra le sue infinite varianti- l’Amore conosce molte strade- che attraverso un cammino tortuoso, irto di sofferenze e pericoli,  finiscono  per condurre al medesimo epilogo.

(altro…)

La dannazione degli offesi.Primo Levi e Zygmunt Bauman

Voi che vivete sicurilevi3

nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:[…]

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole .
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli .
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi

Ogni anno, quando il 27 Gennaio si ripresenta costringendoci a fare o a rifare per l’ennesima volta i conti con una memoria storica tanto incomprensibile quanto inaccettabile, la tentazione di soprassedere, di scappare, di turarsi gli occhi e le orecchie diventa più forte. Ripercorrere, anche solo nel ruolo di remotissimo poligrafo, le scene e il percorso dell’orrore significa sottoporsi ad una violenza (anche perché di questo orrore si ha la sventura di scoprire particolari sempre nuovi, e sempre più agghiaccianti, in una spirale infinitadownload-8 di atrocità). Ma il monito di Primo Levi fa del mantenere viva la memoria e aperti gli occhi un comandamento ineludibile, per di più in considerazione del fatto che  il rilievo e la risonanza pubblica che a partire dagli anni Settanta è stata concessa ai teorici del negazionismo lo abbiano spinto al suicidio; e dunque ancora una volta, quest’anno come negli anni a venire, accendiamo idealmente la nostra candela in memoria delle vittime, portando avanti comunque, come segno di resistenza civile, il nostro sforzo di tentare una comprensione impossibile. (altro…)