Orlando, Florida, 12 Giugno 2016. Un’altra pagina aggiunta alla storia universale dell’infamia.
CLXVII (2259-70)
Co sent Rollant que la mort li est pres:
Par les oreilles fors s’e ist li cervel.
De ses pers priet Deu ques apelt,
E pois de lui a l’angle Gabriel.
Prist l’olifan, que reproce n’en ait,
E Durendal, s’espee, en l’altre main.
Plus qu’arcbaleste ne poet traire un quarrel,
Devers Espaigne en vait en un guaret;
Muntet sur un tertre; desuz dous arbres bels
Quatre perruns i ad, de marbre faiz;
Sur l’erbe verte si est caeit envers:
La s’est pasmet, kar la mort li est pres.
Lo sente Orlando che ha la morte addosso:
dalle orecchie gli esce fuori il cervello.
I suoi pari prega Dio a sé li chiami,
e per sé prega l’angelo Gabriele.
Prende il corno, per non averne biasimo,
e Durendal la spada nell’altra mano.
Più in là che tiri una balestra un quadrello
verso la Spagna va in un gran campo d’erba,
sale su un poggio: sotto due begli alberi
ci sono quattro grandi pietre di marmo;
sull’erba verde è caduto riverso,
e là è svenuto, perché ha la morte addosso.
RISORSE E NOTE A MARGINE
-Testo: La Chanson de Roland. Edizione critica a cura di Cesare Segre,Milano-Napoli, 1971 (Documenti di filologia, 16).Traduzione di Pietro G. Beltrami (2006), edita con testo a fronte inMarco Santagata, La letteratura nei secoli della tradizione. Dalla «Chanson de Roland» a Foscolo, Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 4-11.(fonte)
-Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.