25 Aprile

La persuasione e la retorica. Nota a margine del 25 Aprile /2(020)

Sembra destino- o forse un’attenzione o un’insistenza personali, se preferite- che le riflessioni di questo blog a proposito del 25 Aprile e dintorni debbano vertere sul linguaggio. Sarà forse perché l’anniversario della Liberazione costituisce la più importante delle celebrazioni civili, che la retorica del consenso si appropria, spesso indebitamente e illecitamente, delle parole che gravitano attorno a questa data storica, contando sull’enorme risonanza emotiva che spesso trascende la (o prescinde dalla) conoscenza degli eventi. «Liberazione» è una parola che oggi più che mai ci sentiamo cucita addosso, soprattutto perché da circa due mesi, da quando cioè è stato ufficialmente dichiarato lo stato d’emergenza del Paese con conseguente blocco delle attività produttive e di gran parte delle libertà individuali, siamo stati esposti ad una continua esortazione alla necessità di «resistere» e di «fare la nostra parte» nella «guerra in atto» contro il «nemico invisibile», recuperando dunque tutta la retorica della guerra per la quale i capi di stato e di governo continuano a rivelare , come vuole James Hillman, «un terribile amore». E siccome l’antidoto migliore contro la retorica credo resti la memoria degli eventi, mi scuserete se colgo l’occasione per richiamare qui i fatti di quei giorni, certo noti a voi tutti, per restituire il contesto, e dunque pieno senso e pregnanza alle parole che li ricordano, liberandole almeno in parte dall’abuso.

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Democrazia e scrittura. Nota a margine del 25 Aprile

Cominciamo subito con il dire che questo, come recita il titolo, non è un asterismo, e neppure un post. Scrivere un post in occasione del 25 Aprile richiederebbe serietà, profondità, tempo ed impegno, tutte cose che al momento trascendono decisamente le mie possibilità- e forse anche le mie capacità. Ci tenevo, però, a condividere con le lettrici e i lettori di questo blog, in massima parte scrittrici e scrittori a loro volta, questa riflessione di Romano Luperini sul tema della scrittura democratica; credo che interrogarci sulla questione sia una responsabilità che investe tutti noi che scriviamo perché i nostri lavori siano letti da altri, fossero anche questi altri un’unica persona. Luperini in questo suo articolo ci ammonisce in merito al fatto che la scrittura non è mai neutrale, bensì sempre politica, perché definisce implicitamente gli interlocutori a cui intendiamo rivolgerci. Credo dunque sia opportuno per tutti noi acquisire, di questo, la maggiore consapevolezza possibile, a prescindere dalla diversità di opinioni e di intenti, perché anche dalle pagine di un blog sia possibile contribuire alla diffusione delle regole del dibattito democratico e della lingua stessa della democrazia, che per definizione deve essere chiara, logica, comprensibile. E, aggiungerei anche,sempre improntata al rispetto delle idee e della persona dell’interlocutore, il che potrebbe e dovrebbe essere un’assoluta ovvietà, e non è. Mi sembrava giusto proporre questa riflessione oggi, in occasione della più importante delle nostre celebrazioni civili.

Buon 25 Aprile a tutti.